Kevin Spacey, il protagonista di House of Cards, accusato di
abusi, confessa: sono un molestatore sessuale.
Ma per salvarsi dichiara (colonna sonora del Vizietto): scusate,
comunque sono gay.
Protagonista nelle vesti di Frank Underwood, simbolo
dell’irresistibile fascino liberal – tutto di Vanity Fair, New Yorker, Madonna
e Angelina Jolie – Spacey fa capitombolo con Harvey Weinstein, il potente
di Hollywood, il maialino dell’acchiappo, padrone assoluto del nostro immaginario
(qui le foto di tutte le star al seguito di Weinstein).
L’uno e l’altro, gemelli diversi, sono stati invincibili nel
mito unificante della sinistra.
Uno – Spacey – è stato il Garibaldi dei liberal di qua e di
quelli di là, l’altro – il re del cinema – è anche il solido bastione di ben
due famiglie del potere mondiale: Clinton e Obama.
Tutta la mobilia del politicamente corretto la paga di tasca
sua. Fosse pure l’orto di Michelle. Per non dire dei sigari di Bill.
L’apparenza inganna, si sa. Tutti a Hollywood sapevano di
Weinstein, anche Asia Argento – qui in Italia – lo sapeva.
Non lo sapevano però alla Casa Bianca, con la piccola Obama
faceva lo stage da Weinstein, ma quello che è successo alla Cosa Nostra
democratica è capitata anche qui, in Italia.
Dino Giarrusso delle Iene è andato a scoperchiare gli
altarini del cinema più che politicamente corretto: ricatti sessuali consumati
nella Terrazza di tutte le virtù – quelle del ceto medio riflessivo in
girotondo (immagini del girotondo con Moretti e gli altri) – coperti
dall’omertà degli impegnati.
Neppure una professoressa col cerchietto, non una femminista
del se non ora quando (immagini di Se non ora quando, Lella Costa e varie
altre), ha preso parola.
Se non ora, quando? E’ sempre lì, o lì
o là, è la sentenza di Giufà.