O una benedizione, come in Russia, con un colonnello del Kgb qual è Vladimir Putin che santifica la fede immerso nel lago ghiacciato per vincere adesso le elezioni.
Oppure la maledizione, come il Pd, il partito che fu di Togliatti, Berlinguer e Occhetto che diventa, nel risultato del 4 marzo scorso, una specie di Psiup.
Non il Partito socialista di unità proletaria, bensì – grazie a Matteo Renzi – il partito scomparso in un solo pomeriggio.
Ed è come la maledizione di Tutankhamon o la maledizione dei gufi reietti da Renzi, tutti arrivati a destinazione se, con l’eccezione della regale Marianna Madia, tutti i ministri – da Marco Minniti a Dario Franceschini, da Roberta Pinotti a Valeria Fedeli – sono stati bocciati all’uninominale.
Quando dal comunismo nacque la nuova sigla, D’Alema disse: “E’ un amalgama mal riuscito”.
Il Pd ha bruciato Walter Veltroni, Pier Luigi Bersani, Guglielmo Epifani, Enrico Letta spedito in esilio in Francia e il professore Romano Prodi impallinato al Quirinale dove ora siede un democristiano della lontana provincia perché, ebbene sì, il Pd vince solo con gli altri.
La spunta sempre e solo con gli ex di centrodestra: Beatrice Lorenzin, Bruno Tabacci e, soprattutto, Pierferdinando Casini, oggi eroe delle case del popolo, quelle di Peppone e la domanda, dunque, urge.
Meglio un comunista come Putin al servizio di Cristo o un democristo come Casini al servizio della propria saccoccia trasformista?
E’ sempre lì, o lì, o là, è la sentenza di Giufà.